Lasciare l’Italia: 10 ragioni per cui fare il grande passo (Parte I)
Ogni giorno che passa ci lamentiamo dell’Italia: la politica, la mentalità e i suoi problemi cronici sembrano averla condannata in uno stato di insanabile declino. I ragazzi non credono di avere un futuro certo nel Belpaese, gli adulti si vedono di volta in volta minacciati dall’instabilità lavorativa, mentre i pensionati si ritrovano condannati in uno stato di perenne insoddisfazione: quale futuro potranno mai avere queste categorie di persone in un Paese tanto problematico come il nostro?
Una riflessione questa, che devono aver già compiuto le migliaia e migliaia di italiani che con tanto di bagaglio in mano sono partiti oltre frontiera.
Chi in America, chi nel Nord Europa e chi nell’Est Europa (con una minoranza di persone che sceglie persino la volta del continente asiatico): moltissimi italiani, per lo più spinti dall’accentuarsi della crisi economica, hanno deciso di effettuare il grande passo. Quello, in sostanza, su cui molti di noi potrebbero ancora nutrire qualche dubbio!
Alla luce di ciò analizziamo le 10 ragioni per cui vale davvero la pena lasciare l’Italia.
Tasse: nominalmente parlando siamo al quarto posto in Europa in termini di pressione fiscale più alta, ma per quel che riguarda il calcolo reale (ovverosia considerando il livello dell’economia sommersa) non solo raggiungiamo il primo posto nel Vecchio Continente ma siamo persino in cima alla classifica internazionale!
Già, l’Italia è il Paese più tassato al mondo. Avessimo i servizi scandinavi ce ne potremmo pure fare una ragione, ma sappiamo bene come la realtà dei fatti sia diametralmente diversa: i servizi offerti dallo Stato sono fatiscenti, costosi e inefficienti, tanto che siamo spesso costretti a rivolgerci al privato. Almeno quando ci è possibile farlo.
Lavoro: troppe scartoffie, troppi adempimenti burocratici, una giustizia lenta ed una pressione fiscale insostenibile rendono difficile il proliferare degli investimenti.
Ma c’è di più. Perché qui in Italia, oltre a non aprire più, le aziende che hanno già piantato radici delocalizzano lasciando a casa una spropositata mole di persone. La disoccupazione è alle stelle, per non parlare di quella giovanile che condanna i nostri ragazzi in uno stato di totale abbandono e sfiducia.
Burocrazia: se in un qualsiasi altro Paese normale è sufficiente collegarsi ad Internet per sbrigare la stragrande maggioranza degli adempimenti burocratici, per la stessa pratica in Italia siamo invece condannati a rivolgerci a cinque uffici diversi e a pazientare in interminabili code. E poi il bollo, il controbollo, e il controcontrobollo anche per ricevere un certificato che potremmo tranquillamente stamparci da casa (se solo abitassimo in un Paese realmente moderno ed efficiente). Insomma, tempo e denaro sono le parole chiave che meglio descrivono la burocrazia italiana: rispettivamente, lenta e costosa.
Costo della vita: storie di genitori costretti a rivolgersi alla Caritas, di anziani condannati alla ricerca degli scarti nei mercati generali, di ragazzi protagonisti dei classici furtarelli di poco conto sono ormai all’ordine del giorno. La povertà dilagante in Italia non coinvolge più i soli disoccupati: a fare i conti con la miseria, oggi giorno, ci sono finiti anche coloro i quali pensavano di poter contare su un posto di lavoro fisso.
Meritocrazia: il figlio del politico che sale ai vertici di un’azienda di Stato, l’amico del rettore che diventa professore come per magia, il conoscente di turno che salta ogni graduatoria e il dipendente pubblico che dopo aver timbrato il cartellino se ne va beatamente a spasso per le vie dello shopping. Quante volte abbiamo assistito a casi come questi? Probabilmente molte, troppe forse! E tutto questo accade per un’unica ragione di fondo: in Italia, la meritocrazia non si sa neanche dove stia di casa.
Lasciare l’Italia: 10 ragioni per cui fare il grande passo (Parte II)
Nella prima parte del nostro piccolo reportage abbiamo avuto modo di elencare i primi cinque motivi che spingono sempre più italiani a trasferirsi all’estero.
Abbiamo tenuto fede a quelle che sono le principali ragioni che hanno trascinato l’Italia al pari di un Paese retrogrado, statalista e fermo sotto il punto di vista del lavoro e delle opportunità di carriera: ci siamo occupati di pressione fiscale, di burocrazia, lavoro e del tanto agognato merito.
Ma proseguiamo in questa “maratona della depressione”, spostando la lente di ingrandimento su altri ambiti del vivere quotidiano che condannano tuttora il Belpaese in un totale stato d’abbandono.
Scuola e Università: dovrebbe rappresentare un vero e proprio trampolino di lancio per un qualunque giovane, e invece il sistema scolastico italiano non solo non è mai stato oggetto di seri investimenti, ma è addirittura uno dei settori su cui i governi succedutisi nel tempo hanno pensato di batter cassa. La scuola e l’università, in sostanza, sono divenute una cassa sputa soldi, un ambito da cui trarre denaro, un sistema da spolpare e sfinire sin quando non raggiungerà – sempre se non l’ha già fatto – uno status di totale degrado.
I nostri ragazzi sono costretti a metter su collette di classe pur di avere la carta igienica per i bagni o per acquistare gli strumenti di laboratorio, nonché inventarsi qualche progetto di autofinanziamento con l’obiettivo ultimo di restituire decoro alle loro aule. Per non parlare poi dell’Università, ormai ricettacolo di clientele e di incompetenze varie che hanno contribuito col renderla sempre meno attraente.
Sanità: a chi non è mai capitato di imbattersi nelle corsie ospedaliere invase dai malati in barella? Quanti almeno una volta, si sono sentiti rispondere che non essendoci più posti letto per il ricovero, il proprio caro avrebbe dovuto seguire una terapia domestica? E quante volte abbiamo assistito ai lunghi tempi d’attesa del pronto soccorso neanche ci trovassimo alla cassa del supermercato? Insomma, di pari passo con quello dell’istruzione, anche il sistema sanitario versa in una condizione di totale incuria.
Tra l’altro, se da una parte la sanità pubblica è lenta e inefficiente, dall’altra è anche estremamente costosa poiché sede di furti senza fine: il fatto che la stessa siringa, in una data regione, costi almeno quattro volte tanto rispetto ad un’altra regione, è un dato che parla da solo!
Politica: senza fare particolari riferimenti ad una o più persone, è indubbio che la politica italiana abbia totalmente perso il minimo senso del decoro. Politici finiti nell’occhio del ciclone per scandali sessuali, per essersi indebitamente appropriati di denaro pubblico, per aver favorito questo o quell’amico sono tuttora nel pieno della loro carriera. Impuniti ed osannati dall’opinione pubblica, a dispetto di quanto comunemente avviene in un Paese normale, là, dove una minima gaffe costringe politici di destra e di sinistra alle dimissioni immediate.
Mentalità generale: un certo tipo di cultura collettiva è alla base di quanto abbiamo visto nel punto precedente. Gli evasori cronici diventano eroi, il falso invalido è oggetto di giustificazioni, il furbo dell’occasione viene legittimato dal “così fan tutti” ed ecco che l’Italia si ritrova preda di una popolazione rimasta orfana dei valori civili più elementari. Che non sia questa, davvero, la causa primaria di tutti i nostri mali?
Invecchiamento: “l’Italia non è un paese per giovani”, recita un mantra che sentiamo echeggiare in maniera piuttosto frequente. E come dargli torto se nel Belpaese il tasso di mortalità supera quello delle nascite, e se il sistema previdenziale pubblico si ritrova periodicamente alle strette poiché non riesce a garantire la previdenza e l’assistenza sociale a tutti i nostri anziani! E che dire della difficoltà di innovare, chiaramente figlia di una generazione vecchia sia mentalmente che anagraficamente parlando?
Qui la ricerca e la modernizazzione sono due parole sconosciute ai più: cari giovani, ma chi ve lo fa fare?